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L'IA cambia l'uomo...e viceversa.

  • Immagine del redattore: Stefano Riva
    Stefano Riva
  • 18 set
  • Tempo di lettura: 1 min

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L’intelligenza artificiale sta cambiando l’essere umano — nei modi di comunicare, informarsi, prendere decisioni — ma spesso dimentichiamo che il processo funziona anche al contrario. Ogni interazione che abbiamo con un sistema di IA lo modifica, lo orienta, lo addestra. È un loop continuo in cui l’umano plasma l’IA tanto quanto l’IA plasma l’umano.

Per questo motivo i sistemi progettati per interagire con le persone non sono mai davvero “gli stessi”. Due IA identiche alla partenza iniziano a divergere nel momento in cui entrano in contatto con utenti diversi: assorbono stili comunicativi, preferenze, bias, toni emotivi. Nel tempo diventano sistemi distinti, modellati da ecosistemi umani differenti. Allo stesso modo, le persone imparano a parlare con l’IA, ad anticiparne le risposte, a sfruttarne i punti di forza o a bypassarne i limiti, modificando così il ritmo dell’apprendimento reciproco.

Questo ciclo di co-evoluzione è destinato a diventare ancora più rapido e intenso quando l’IA si diffonderà in corpi robotici capaci di muoversi, osservare, reagire. A quel punto, ogni gesto, ogni sguardo, ogni scelta umana diventerà un nuovo dato; ogni risposta robotica, un nuovo stimolo per l’essere umano. Una spirale di adattamento continuo.

È proprio questa imprevedibilità — frutto dell’incontro tra milioni di traiettorie umane e sistemi artificiali in costante apprendimento — che rende fondamentale il monitoraggio continuo dei prodotti di IA. Non basta verificarli al lancio: vanno osservati nel tempo, come organismi che evolvono, per garantire sicurezza, trasparenza e affidabilità.

L’IA cambia noi. Noi cambiamo l’IA. Ed entrambi cambiamo più velocemente di quanto pensiamo.

 
 
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